Retail, vincerà la convergenza tra fisico e online ma le aziende non sono pronte

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Nel Retail l’online mostra dinamiche di convergenza con l’offline. I retailer stanno mettendo a punto nuove strategie per enfatizzare la shopping experience, sfruttando le possibilità di integrazione con le tecnologie digitali.

Nel Retail l’online mostra piene dinamiche di convergenza con l’offline. I retailer stanno mettendo a punto nuove strategie per enfatizzare la shopping experience del consumatore nel negozio reale, sfruttando le possibilità di integrazione con le tecnologie digitali. Lo evidenzia, tra le altre cose, l’annuale Rapporto Confimprese, presentato al Retail Summit di Stresa (19-20 giugno 2018). Ma – sottolinea un’indagine EY sui Retailer diffusa nella stessa occasione – pur essendo ormai ampiamente compresa l’esigenza di omnicanalità, i retailer italiani faticano ancora a declinarla nella realtà operativa quotidiana. Resta aperto anche il problema delle nuove competenze che saranno necessarie per affrontare la Digital Disruption nel Retail e dell’adattamento alle necessità, alle esigenze e ai valori dei Millennial.

IL RAPPORTO CONFIMPRESE: FOOD, FASHION, FRANCHISING

Dall’Osservatorio Confimprese sul 2° semestre 2018 emergono numeri tutto sommato positivi: le aperture di nuovi punti vendita nel periodo luglio-dicembre si attestano a 590 con un impiego di 4.020 risorse totali. Food e fashion, campioni del Made in Italy, restano i settori cardine del retail. Uno spazio importante è conquistato dal franchising, che apre in maniera trasversale la strada a un’attività su numerosi settori merceologici, con investimenti anche molto contenuti in ottica di diversificazione dell’attività. Il food privilegia soprattutto l’Europa e in particolare la Francia mentre il fashion guarda ai paesi dell’Est europeo e del Medio Oriente. In Europa e nel mondo il settore dello street food è in continua crescita con prevalenza del modello di Franchising. Un successo dato dalla felice combinazione di prezzi contenuti, originalità dei prodotti, rapidità nel consumo e contatto diretto con gli operatori.

“Il franchising – spiega Mario Resca, presidente Confimprese – non è stato influenzato dalle recenti difficoltà politico-economiche sperimentate a livello generale e lo è stato meno rispetto all’economia nel suo complesso. I retailer continuano a spingere su nuove aperture che aumentano il livello occupazionale, sfruttando l’onda positiva del food che sempre più si declina nello street food anche da strada. Le stime del nostro Osservatorio prevedono una crescita del 2,5% del giro d’affari che dovrebbe raggiungere i 152 miliardi a perimetro costante. Il campanello d’allarme è, piuttosto, per l’aumento dell’Iva che pesa sugli investimenti del comparto retail: comporterebbe un crollo dei consumi e un drastico calo dell’indice di fiducia degli italiani”.

RETAIL E CANALI DIGITALI: LE SFIDE

I confini del negozio non sono più quelli definiti dalle mura perimetrali, ma si sfumano in un continuum che vede una integrazione con il digitale che va molto al di la della strategia omni-channel ma che diventa omniexperience. L’indagine EY approfondisce la questione dell’integrazione tra Retail fisico e digitale. Dalla ricerca condotta coinvolgendo i maggiori retailer italiani emerge che le potenzialità dell’omni‐canale sono ormai chiare ai retailer, anzi le considerano già quasi un assioma, ma non sono ancora sfruttate appieno. Al contrario sono spesso anche fonte di preoccupazione considerando che il 40% degli intervistati afferma di faticare a mantenere coerenza di posizionamento di brand (in termini di percezione, di rispetto della “promise” e di coerenza prezzo/offerta) sui diversi canali, in particolare quelli digitali.

Un orientamento che emerge chiarissimo è per contro la necessità di proseguire sulla strada dell’integrazione dei canali per rafforzare la Customer Centricity, vista come la sfida principale nei prossimi tre anni da più del 87% degli intervistati. Una centralità che si esprime sia nella riprogettazione del negozio fisico, sia nei percorsi di acquisto e del modello di business, sia nell’utilizzo della tecnologia in modo pervasivo orientato a migliorare l’esperienza di acquisto. In particolare, il 40% degli intervistati utilizza la tecnologia come leva per aumentare la conoscenza dei propri clienti, ancora una volta ribadendo il forte orientamento alla centralità degli stessi, mentre solo una percentuale residuale (10%) vede la tecnologia come un generatore di fatturato e come uno strumento che impatta direttamente sull’aumento delle vendite.

“Quasi il 90% del panel interpellato – afferma Donato Iacovone, Amministratore Delegato di EY in Italia e Managing partner dell’area mediterranea – pensa che la sfida del retail nei prossimi 3 anni sia l’integrazione dei canali, mentre il 69% ritiene necessario rivisitare il proprio modello di business per rispondere alle nuove esigenze del consumatore. In particolare, i millennial rappresentano la più grande opportunità per il retail: sono il bacino di clienti e potenziali più vasto ma anche la più grande sfida, poiché i loro concetti di fedeltà al brand e di linearità di comportamenti di acquisto sono radicalmente diversi da quelli delle generazioni che li hanno preceduti. Si tratta di una trasformazione più ampia che ha un impatto anche sul mercato del lavoro, con la richiesta di nuove competenze adeguate a gestire i cambiamenti in atto”.

LAVORO E COMPETENZE: A RISCHIO LE PROFESSIONI ROUTINARIE

Nei prossimi 5 anni, sostiene Confimprese, l’84% del fabbisogno occupazionale, vale a dire più di 2,1 milioni di posti di lavoro, si concentrerà nei servizi (servizi di cura, insegnamento, commercio, servizi alle imprese). Nonostante la disoccupazione sia ancora a livelli molto più alti rispetto al 2008, il tasso di posti vacanti è salito fino al livello del 2008. Questo, afferma Confimprese, è un indice del mismatch tra domanda e offerta, oltre che dell’inefficienza del mercato del lavoro. In particolare il tasso di posti vacanti aumenta nelle aree professionali, scientifiche e tecniche, e su informazione e comunicazione.

Il 71% dei lavori richiesti nei prossimi 5 anni riguarderà profili con skills medio-alte, ma il 35% delle aziende sperimenta difficoltà di reclutamento. Il rischio di automazione riguarda una quota importante dei posti di lavoro in Italia (il 14% di quelli attuali e il 12% del fabbisogno futuro 2018-2022) e colpirà le professioni in modo differenziato. Il rischio, infatti, è particolarmente elevato per gli impiegati addetti alle funzioni di segreteria e ufficio, gli impiegati addetti alla raccolta, controllo e conservazioni dei documenti, artigiani, operai metalmeccanici specializzati e installatori di attrezzature oltre che operai semiqualificati per lavorazioni in serie e montaggio. Quindi colpirà maggiormente le professioni routinarie. Ma questo non significa solo che perderemo occupazione, piuttosto che cambieranno le skills e le mansioni richieste e che emergeranno nuove figure professionali, ad es. cyber security experts, i data scientists e i cloud computing experts.

PROSPETTIVE PER IL FUTURO DEL RETAIL

CONSEGNA A UN GIORNO

In un mondo sempre più complicato la variabile tempo assume un valore assoluto che i retailer devono tenere fortemente in considerazione per poter soddisfare le esigenze dei propri clienti. Per questo dovranno adeguare il loro modello di business tenendo in considerazione anche vincoli temporali, come quello della consegna ad un giorno che diventano, in prospettiva, una performance attesa.

PAGAMENTO SEMPLIFICATO

Uno dei fattori abilitanti di una esperienza di acquisto sempre più snella e fluido è sicuramente costituito dall’adozione di strumenti di pagamento contactless od integrati nell’eperienza di acquisto, ad esempio in forma di app sul cellulare. I vincoli normativi e di sicurezza sono un’altra delle variabili che il consumatore tende a dare per scontato che vengano superati con agilità dal merchant e che costituiranno uno degli elementi di scelta e di preferenza.

CENTRALITÀ DEL CLIENTE

La velocità e la fluidità dell’esperienza di acquisto deve però sposarsi con una aspettativa da parte del consumatore di una attenzione crescente e soprattutto personalizzata da parte del retail nei loro confronti. In uno scenario nel quale le tecnologie abilitanti di una conoscenza sempre più approfondita delle preferenze e dei comportamenti del consumatore sono disponibili ed accessibili (si pensi ad IOT ed analytics in primis) vince chi riesce ad usare tutto il patrimonio informativo a disposizione per riconoscere il consumatore nel suo journey attraverso i diversi punti di contatto ed ad ingaggiarlo proponendogli una proposta personalizzata e dedicata. In controtendenza rispetto ai fenomeni che abbiamo visto consolidarsi nell’ultimo decennio ma in perfetta coerenza con la spasmodica ricerca di una dimensione sempre più “personale” del contatto con il consumatore (seppure con la sofisticazione a monte degli strumenti analitici che permettono di identificare quali aree di contatto privilegiare) l’apertura di piccole superfici nelle location di centro città è un fenomeno interessante da evidenziare per un approccio tendenzialmente meno “price sensitive”.

L’IMPORTANZA DEI MILLENNIAL

I millenial rappresentano la più grande opportunità per il retail in quanto sono il bacino di clienti e potenziali più vasto, ma anche la più grande minaccia, in quanto i concetti di fedeltà al brand e di linearità di comportamenti di acquisto sono radicalmente diversi da quelli delle generazioni che li hanno preceduti. Mai come in questo caso sarà necessario per i retailer adattare i propri schemi e modelli commerciali (ed anche valoriali) per soddisfare una esigenza esplicita di trasparenza rispetto a responsabilità sociale, trasparenza e comunicazione autentica che sono il tratto distintivo delle nuove generazioni. 

(Di L.M., Redazione EconomyUp.it)