La moda italiana dà dei punti al resto d'Europa
Nel 2017 l'insieme di tessile, abbigliamento e calzature ha generato in Italia un valore aggiunto di 24,2 miliardi di euro, un terzo di quello dell'Ue.
Nel 2017 l'insieme di tessile, abbigliamento e calzature ha generato in Italia un valore aggiunto - ossia la differenza tra il valore della produzione e i costi sostenuti - di 24,2 miliardi di euro, un terzo di quello dell'Ue.
Una percentuale tripla o anche più rispetto a nazioni come il Regno Unito (12,2%), la Germania (10,6%) e la Spagna (8,2%), mentre l'eterna rivale Francia è solo quinta, con il 7%.
Il settore moda ha rappresentato il 10% dell'intero manifatturiero (in quarta posizione dopo l'industria siderurgica, meccanica e alimentare) e occupato circa 500 mila addetti, il 15,5% del totale, con un giro d'affari totale di 83 miliardi.
Dati rivelati da un'analisi dell'ufficio studi di Intesa Sanpaolo, focalizzata sui distretti, che anticipa per il 2018 una crescita settoriale dell'1,8% (contro un Pil nazionale intorno al +1%) e dell'1,5% nel 2019/2020.
Parlando ieri (13 settembre) con i giornalisti, Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, ha sottolineato i fattori di competitività della moda made in Italy: da un lato appunto la forza dei distretti industriali, un rete virtuosa che va da Nord a Sud, e dall'altro la specializzazione nell'alto di gamma, cavallo di battaglia delle nostre esportazioni.
Inoltre, se l'anno scorso la bilancia commerciale del sistema moda italiano è stata positiva per quasi 20 miliardi di euro, non è andata così bene in altre nazioni. Il caso più eclatante sono i -21 miliardi della Gran Bretagna, seguita a ruota dalla Germania con -19 miliardi e dalla Francia con -13,9 miliardi. Solo il Portogallo non è in rosso.
Il fashion system nostrano deve però investire su tre fronti: sostenibilità, innovazione, qualità. Asset prioritari, anche perché i player asiatici non lavorano più solo sulla quantità e sui prezzi bassi.
Un quarto aspetto su cui concentrarsi è il digitale, «una chiave per accedere ai mercati stranieri. In Europa la percentuale di coloro che acquistano sul web abbigliamento e articoli sportivi si è quasi triplicata in 10 anni, dal 13% del 2008 al 37% del 2017» nelle parole di De Felice riportate da Il Sole 24 Ore.
Tuttavia, solo il 12% delle realtà made in Italy è in grado di offrire una presenza completa su questo canale attraverso l'e-commerce, l'offerta marketplace e le app.
(Di A.B., Redazione FashionMagazine.it)