L’industria del retail alla sfida della digitalizzazione
L’industria italiana accelera il processo di integrazione tra online e offline, partendo dalla constatazione che la migrazione verso l’ecommerce è un processo irreversibile, ma che non comporterà la fine dei negozi fisici.
Da avversario ad alleato. Da concorrente guardato con sospetto a partner. L’industria italiana del commercio accelera il processo di integrazione tra vendite online e offline, partendo dalla constatazione che la migrazione verso l’ecommerce è ormai un processo irreversibile, ma che non comporterà la fine dei negozi fisici. Semmai, un radicale ripensamento dei format e dell’offerta, dei servizi ai clienti e delle professionalità necessarie. Per riuscire in questa sfida occorre governare la trasformazione digitale che sta investendo il settore del retail, come molti altri.
Se ne è discusso al 12° Consumer & Retail Summit organizzato da 24Ore Eventi in collaborazione con il Sole 24 Ore, GdoWeek e Mark Up. La base di partenza sono idati che tutti conosciamo: quelli diffusi dall’Istat che certificano una stagnazione dei consumi nei negozi fisici, ma una crescita a due cifre delle vendite online. Ma anche quelli presentati all’inizio del Summit da Boston Consulting Group, che prevede per i prossimi due anni un calo dell’1,3% del traffico nei punti vendita tradizionali in Italia, mentre lo shopping via web registrerà incrementi a due cifre, con punte del 48% in più, tra il 2018 e il 2022, per i giocattoli, e del 20% per l’elettronica di consumo.
Non siamo all’anno zero, ha fatto notare il presidente di Federdistribuzione, Claudi Gradara, ricordano i numerosi investimenti compiuti dalle aziende della distribuzione organizzata sul rinnovametno dei punti vendita e sulla formazione del personale. «La digitalizzazione dovrà portare a impostare una nuova relazione con i clienti – ha detto Gradara –. Cambieranno anche i punti vendita, che sempre più dovranno puntare sull’esperienza d’acquisto per differenziarsi dall’ecommerce».
A sostegno di questa trasformazione vengono le nuove tecnologie, come ha ricordato Giorgio Santambrogio, che possono contribuire a personalizzare l’esperienza d’acquisto del cliente e persino accrescere il piacere del contatto umano. Anche secondo Antonio Cellie, le tecnologie digitali possono contribuire a creare nuovi servizi e dunque nuove opportunità di business e lavoro se usate in modo sapiente: «L’online sul lungo termine non potrà competere con format fisici giusti e ben fatti. Trader’s Joe batterà Amazon, per intendersi: se la distribuzione imparerà a fare bene il proprio lavoro non può che vincere», dice. In particolare, cogliendo le nuove esigenze, soprattutto dei Millennials, alleandosi con le nuove formule, come l’home delivery.
Senza contare tutto quello che le tecnologie possono dare ai negozi in termini di promozione e marketing. I negozi possono trasformarsi essi stessi in vetrine , in luoghi in cui accadono eventi e che diventano virali sui social. Lo dimostra l’esperienza di alcuni tra i marchi a maggior valore a livello mondiale, come ha spiegato Lidi Grimaldi, executive director di Interbrand, presentando lo studio Best Global Brands 2018, che stila la classifica dei top 100 brand globali per valore economico. Tra questi Apple, Gucci, Starbucks, Hermés o Nike: tutti marchi che hanno saputo reinventare completamente il concetto di store fisico, creando luoghi di incontro e scambio, attirando soprattutto i giovani e i giovanissimi.
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(Di Giovanna Mancini, Redazione IlSole24Ore.com)