La cultura della gestione del dato nelle aziende italiane

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Le imprese si trovano a competere non soltanto nei processi di trasformazione materiale di beni e servizi, ma anche nella capacità di impiegare il dato come fattore produttivo.

Le imprese si trovano a competere non soltanto nei processi di trasformazione materiale di beni e servizi, ma anche nella capacità di impiegare il dato come fattore produttivo attraverso un proprio autonomo processo di trasformazione.

Per cogliere le nuove sfide dei mercati, osserva IDC, occorre una cultura aziendale che sia centrata sul dato: l'abilità di impiegare strumenti analitici avanzati, di visualizzare e interpretare relazioni implicite fra dati eterogenei, e di indirizzare tali competenze a un supporto immediato e costante dei processi decisionali richiede un balzo oltre i tradizionali paradigmi di analisi, introducendo nuove soluzioni, nuovi processi e nuove figure professionali.

I sistemi di business intelligence e business analytics esistono da decenni. Tuttavia, queste soluzioni non sempre hanno prodotto un reale supporto decisionale, limitandosi a rilasciare informazioni senza fornire indicazioni.

E' quindi necessario così da sfruttare le informazioni spostare la focalizzazione dai big data, dagli analytics o dal machine learning alle decisioni, per un vantaggio competitivo che non si esaurisca nell'immediato.

Ma, allo stato attuale, come si posizionano le aziende, soprattutto in Italia, in questo percorso di gestione del dato come fattore competitivo?

Una ricerca di IDC condotta su un campione di 172 imprese italiane di classe enterprise ha individuato quattro stadi di avanzamento.

Quasi la metà del campione (il 43%) si trova al primo stadio: aziende che devono ancora concludere la fase di razionalizzazione dei propri sistemi e della propria strategia digitale, e che dunque ancora non riescono a trarre un vantaggio competitivo concreto dai dati.

Al secondo stadio appartiene il 25% delle grandi aziende italiane: qui il dato viene considerato come uno strumento indispensabile per progredire nei processi di automazione industriale, ovvero rappresenta un valore soltanto se consente di automatizzare meglio i processi.

I due stadi più avanzati, spega IDC, vedono presente solo un terzo delle grandi organizzazioni italiane. Nel terzo stadio risiede il 23% del campione analizzato da IDC: si tratta di imprese che impiegano i dati per consolidare un vantaggio immediato nei confronti dei concorrenti senza procedere necessariamente attraverso l'automazione, ma migliorando l'efficacia dei processi di pianificazione e controllo.

Infine, allo stadio più avanzato, ovvero il quarto, appartiene il 9% delle grandi aziende italiane: realtà che IDC colloca in una fase profonda di trasformazione, capaci di gestire i dati non solo per automatizzare i processi o migliorare la pianificazione e il controllo, ma per competere sul terreno dell'innovazione a lungo termine.

(Di Giuseppe Saccardi, Redazione Tomshw.it)

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