Fra sfilate, m&a e social, ecco come è stato il 2018 per la moda
Che anno è stato il 2018 per la moda e il lusso? Secondo Business of Fashion, la caratteristica principale è stata il ripensamento del retail e il crescente ruolo della tecnologia.
Non è mai semplice fare bilanci di fine anno. O meglio: lo è dal punto di vista contabile, più complicato riassumere lo spirito dei dodici mesi che ci lasciamo alle spalle, citando accadimenti e qualche cifra senza scadere in un mero elenco. Non è facile per le persone, non lo è per le aziende né per i settori. Che anno è stato il 2018 per la moda e il lusso? Secondo Business of Fashion, sito di riferimento per l’informazione in inglese, la caratteristica principale è stata il ripensamento del retail e il crescente ruolo della tecnologia. Affermazioni un po’ generiche, o almeno onnicomprensive, quindi quasi inconfutabili. Ma il 2018 verrà ricordato anche per singoli eventi, alcuni dei quali avranno quasi certamente conseguenze da seguire con attenzione nel 2019. Altri resteranno negli archivi della moda e forse, un giorno, saranno un piccolo tassello della sua storia più recente.
Nonostante anni di fosche previsioni sul futuro delle sfilate, il 2018 ha dimostrato quanto efficaci le passerelle siano ancora per nutrire l’immagine di un brand. A maggior ragione dell’era di internet, che tutto amplifica in un batter di pochi clic. Un fenomeno evidente soprattutto per le collezioni cruise, che servono da ponte tra le tradizionali sfilate per le stagioni primavera-estate e autunno-inverno.
Il caso più recente è Chanel, che ha allestito uno show al Metropolitan Museum di New York: capi modernissimi hanno sfilato accanto a capolavori dell’Antico Egitto. Gucci ha scelto la necropoli di Arles, Louis Vuitton la Fondazione Maeght, galleria d’arte a cielo aperto; Prada ha optato per un ex fabbrica di pianoforti a New York. E via meravigliando. Sembra impossibile pensare a nuove sorprese nel 2019: invece ci saranno, perché le ambizioni creative (e i mezzi economici di maison come quelle citate) non hanno limiti e la moda è fatta proprio per stupire, anche sulle passerelle.
Dal punto di vista economico-finanziario saranno ricordate le cessioni di Versace al gruppo americano Michael Kors e il crescente attivismo del private equity, con le operazioni Trussardi, 120% Lino e molte altre, solo in Italia. Il consolidamento potrebbe continuare inoltre attorno ai colossi Lvmh, Kering e Richemont, anche se nel 2018 i tre grandi gruppi del lusso mondiale sono sembrati più attenti a rafforzare i brand presenti nei rispettivi portafogli che a fare altro shopping. Lvmh poi, con l’offerta per Belmond (hotel di lusso) ha dato un segnale importante: volersi concentrare sul lusso esperienziale.
L’e-commerce continua a crescere, certo, e tra le operazioni maggiori c’è da notare la quotazione di Farfetch. Ma sulle piattaforme specializzate aleggiano alcune nubi: in Europa e Stati Uniti sempre più marchi desiderano internalizzare le vendite sul web, mentre in Cina occorre una svolta seria nella lotta ai falsi. A proposito di Cina, impossibile non ricordare la cancellazione dello show Dolce&Gabbana di Shanghai, legata alla capacità di Instagram di far scoppiare e poi propagare polemiche, alla stregua di piromani del web. Un ruolo confermato da quel che è successo a Prada, costretta a ritirare una collezione di charm bollata come razzista (stessa accusa mossa a Dolce&Gabbana), questa volta in America. Tornando in Cina, l’ultimo boicottaggio in ordine di tempo è per Canada Goose, marchio di piumini sgradito dopo l’arresto della figlia del fondatore di Huawei in terra canadese.
(di Giulia Crivelli, Redazione Il Sole 24 Ore)