Abbigliamento, i consumatori multichannel spendono il 34% in più di chi compra offline
Le declinazioni della multicanalità sono diventate così tante e diverse che l’interazione tra canali on e offline si può dire sia diventata la normalità, almeno dal punto di vista dei consumatori.
Uno shopper su quattro visita Amazon prima di acquistare; di questi il 75% decide comunque di comprare altrove. La presenza integrata su più canali di vendita è sempre più importante per le aziende che devono puntare sulle esperienze esclusive
Scorrere il proprio feed di Instagram per trovare ispirazione, poi cercare un paio di scarpe online (e magari acquistarle in un negozio vicino a casa, per poterle comunque provare). Oppure provare un abito in un grande department store, ma scegliere di acquistarlo online (magari via smartphone, sulla via di casa) perché c’è uno sconto particolare. Le declinazioni della multicanalità sono diventate così tante e diverse che l’interazione tra canali on e offline si può dire sia diventata la normalità, almeno dal punto di vista dei consumatori.
Lo conferma il nuovo “Apparel Omnichannel Survey” di McKinsey che ha coinvolto 3mila “shopper” americani interrogandoli sulle loro abitudini di shopping. Ne è emersa la predominanza dell’approccio omnicanale: sei persone su 10, infatti, ammettono di utilizzare almeno un canale digitale nella loro esperienza di shopping, a caccia di un capo di abbigliamento. La quota di chi compra solo offline non va sottovalutata: rimane pari al 40 per cento.
Gli effetti dello spostamento verso il digitale hanno avuto, senza dubbio, un impatto importante sullo scenario retail: negli Usa, secondo Business Insider, citato da McKinsey nel report, nel 2019 chiuderanno circa 6.200 negozi. La cosiddetta “apocalisse retail” ha colpito anche i giganti: a inizio agosto Barneys New York, soffocata dai debiti, ha fatto ricorso al Chapter 11 (la procedura di fallimento “controllato”). Ai negozi che chiuderanno si aggiungeranno anche molti dei suoi punti vendita.
Il report traccia un identikit del cliente multicanale: un cliente che compra di più (circa il 70% più spesso) e spende di più (+34%, in media 2.000 dollari all’anno secondo McKinsey) rispetto al consumatore affezionato solo ai canali fisici. Tra i dati più interessanti, quello che evidenzia il ruolo di primo piano della “vetrina” Amazon, almeno quando si tratta di orientarsi tra le tante proposte presenti in Rete: una persona su quattro, infatti, ammette di visitare Amazon all’inizio del proprio percorso di shopping. Di questi, alla fine due su tre, comprano però altrove.
Proporre al consumatore un modello di shopping unico, facendo leva su servizi diversi (dal confronto del prezzo al supporto di uno stylist) è sicuramente un modo per fare la differenza in una dimensione sconfinata e competitiva come quella del Web. Lo strumento più utile per sviluppare i servizi più “efficaci” è l’analisi dei dati: il 33% dei consumatori americani, per esempio, sostiene di pensare a cambiare azienda (dove acquistare) se non è soddisfatto del servizio. Anche il prezzo, infatti, viene valutato alla luce della qualità dell’esperienza: online la convenienza conta come fattore attrattivo, ma non è decisivo nel profondo.
(a cura di Marta Casadei, Il Sole 24 Ore)