Westwood internalizza la produzione dopo 30 anni
Vivienne Westwood volta pagina nel segno della sostenibilità. A partire dalla collezione autunno/inverno 2020-21 lo storico marchio inglese ha deciso di chiudere il contratto di licenza con Staff International, attivo da circa 30 anni.
Vivienne Westwood volta pagina nel segno della sostenibilità. A partire dalla collezione autunno/inverno 2020-21 lo storico marchio inglese ha deciso di chiudere il contratto di licenza con Staff International, attivo da circa 30 anni.
“Abbiamo deciso di realizzare internamente la collezione di prêt-à-porter, diventando responsabili sia della realizzazione dei capi sia del controllo della filiera produttiva”, dichiara a Pambianconews Giorgio Ravasio, country manager del brand.
“Abbiamo voluto incrementare la value perception del prodotto aumentando la qualità e dando il via a un processo di maggior controllo e trasparenza di tutta la filiera. Per poter gestire in maniera sostenibile ed etica, non potevamo più avere come barriera una licenza produttiva, abbiamo preferito quindi essere direttamente coinvolti così da accedere a tutte le informazioni, dalla raccolta delle materie prime fino alla realizzazione del prodotto finito”, spiega il manager.
L’attenzione alla supply chain è aumentato gradualmente: “Abbiamo iniziato a controllare la distribuzione iniziando con i nostri showroom di Milano, Parigi Londra, New York e Los Angeles, abbiamo aperto i nostri negozi diretti (16 nel mondo oltre i franchising, ndr). La catena distributiva era quindi già sotto il nostro controllo così come quella creativa, artefice del valore aziendale. Ci mancava questa parte fondamentale. Dal 2013 e fino a oggi abbiamo fatto questo percorso graduale di trasformazione delle nostre licenze in responsabilità diretta sulla catena produttiva”, continua Ravasio.
Il nuovo corso di Vivienne Westwood vede sempre più protagonista l’Italia: “Oggi lavoriamo con un campo base a Milano che è diventato una sorta di hub produttivo. Qui governiamo anche la parte logistica e di controllo qualità, attraverso la quale gestiamo tutto lo sviluppo del prodotto che da Londra abbiamo spostato in Italia, proprio per rinforzare l’impegno sul made in Italy. Ci impegniamo per dare vita a un prodotto migliore, accorciando la catena e mantenendo un prezzo finale in linea con gli anni precedenti senza aumentare la marginalità di prodotto, imponendo un controllo etico di tutti i fornitori”.
Ravasio sottolinea che la maggior trasparenza su tutta la catena permette di sapere cosa, come e dove avviene la produzione così da intervenire qualora ci fossero opacità operative. “Siamo lontani da avere una trasparenza completa, ma contiamo di riuscirci in un paio d’anni. Al di là degli slogan ci vuole un lavoro molto scientifico all’interno di tutta questa attività. La moda oggi ha quasi più bisogno di scienziati che di designer, servono competenze specifiche”, conclude il country manager italiano.
(a cura di Marco Caruccio, PambiancoNews)