Retail 2021, il senso del cambiamento

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Per difendere la relazione con il cliente, il retail dovrà giocare su molti campi e ininterrottamente nel tempo, non soltanto al momento della vendita.

Il retail 2021, nella complessità degli eventi internazionali e nella limitatezza delle prime rilevazioni, ha già dato, comunque, indicazioni chiare sull’agenda dei prossimi anni. Oltre le contingenze generali o specifiche, come la pandemia e le discontinuità della supply chain globale, l’evoluzione e la complessità del customer journey rendono prioritaria la convergenza della distribuzione con ambiti di mercato fino a oggi solo complementari.

Pensare di comprendere e circoscrivere il retail del 2021 in pochi passi essenziali è irragionevole. Per rilevare il senso vero del cambiamento in ciò che è stato, occorre, paradossalmente, guardare a ciò che sarà. Dal 2020, la pandemia ha spinto un numero enorme di consumatori verso i canali digitali, e i bisogni e le opportunità in quelli configurabili sono stati una formidabile spinta al cambiamento. Occorre, però, distinguere tra semplici rimedi e tendenze reali, e l’abituale visione schematica dei vari sottoinsiemi del settore può essere fuorviante.

Phygital non basta più

Ciò che è importante, ora, non è più convincere i ritardatari della confluenza tra scaffali, casse, tavoli, vetrine, web e smartphone, ma la consapevolezza delle crescenti e reciproche “invasioni di campo” oltre i perimetri abituali, rese possibili dalla tecnologia e determinanti nella creazione di forme nuove di distribuzione.

“Phygital” è, ormai, una chiave di comprensione solo parziale delle tendenze in atto. Basti l’esempio di TikTok che, solo due settimane fa, ha annunciato per il 2022 la disponibilità, in circa 300 località degli Stati Uniti, del servizio di consegna del cibo reso popolare dai video virali della propria piattaforma.

In ottobre, peraltro, Walmart aveva lanciato “il più grande retail online dedicato ai prodotti di consumo di Netflix”; iniziando, con ogni probabilità, la revisione del concetto di merchandising fino a oggi comunemente inteso.

Ancora un passo indietro: ad agosto, un altro gigante americano dei supermercati, Target, si era unito alla catena di negozi di bellezza Ulta Beauty in una partnership che interesserà 800 punti vendita, rivedendone il formato stesso in una logica molto più avanzata del pop up store, condividendo i servizi di ritiro online, il drive-up e la consegna in giornata.

Il 2021, in sintesi, non è stato la transizione a un illusorio “new normal” dopo i ribaltoni del 2020. Riportare ogni priorità del settore alla sola integrazione di fisico e digitale, peraltro, rischia di diventare un luogo comune quanto la “centralità del cliente”, declamata per almeno un decennio e a dispetto di quanto effettivamente fatto. Piuttosto, ha ulteriormente enfatizzato la necessità di percorsi nuovi, dove certezze e stabilità nel tempo sono una pretesa illusoria.

Commercio digitale, le misure del cambiamento

All’inizio del 2021, era spontaneo chiedersi quanto si sarebbe confermato del generalizzato e precipitoso ricorso al commercio online indotto dalla pandemia, nel 2020. La misura del cambiamento più corretta passa, probabilmente, non solo e non tanto dai volumi quanto dall’incidenza sul retail globale.

Le stime di Osservatori.net per il 2021 quantificano il tasso di penetrazione dell’eCommerce B2C in crescita sostanziale ovunque. La Cina conferma la sua leadership in volume (1460 miliardi di dollari) e aumenta la quota dal 25 al 28%; gli Stati Uniti (747 miliardi di dollari, in valore), vanno dal 20% al 22%; l’Europa, nel suo insieme, aumenta di un punto, dal 15% al 16%, l’Italia passa dal 9% al 10% e si ripropone il primato del Regno Unito, che vede il tasso di penetrazione salire al 31% dei consumi totali.

Nelle stime di researchandmarkets.com, nel 2021, il mercato del social commerce negli Stati Uniti ha espresso un valore di mercato superiore ai 50 miliardi di dollari che, però rappresenta meno del 7% del business mondiale. Per dare un’idea del primato cinese, lì si prevede di raggiungere i 1,5 trilioni di dollari nel 2026, con un CAGR del 34% nel quinquennio considerato; il valore non è molto inferiore a quanto previsto per l’intera Europa nello stesso periodo. Il comparto del live streaming, inoltre, è stimato complessivamente a 70 miliardi per il 2021 e crescerà oltre i 200 miliardi nei prossimi anni.

Supply chain e delivery

Negli scorsi dodici mesi, il retail ha condiviso le preoccupazioni di molti settori industriali per le difficoltà della supply chain globale, di cui la carenza di microchip è solo l’aspetto di maggior evidenza.  Queste sono l’effetto di un insieme complicato di cause che riguardano le materie prime, la produzione, i trasporti, il lavoro, le politiche commerciali delle aziende e le decisioni dei governi.

La diffusione della bring-it-to-me economy, un’evoluzione (o involuzione?) digitale in atto da molto tempo e che ha trovato terreno ancora più fertile nella pandemia, nel 2021 si è consolidata in un largo strato di consumatori che vivono e lavorano da casa. Le opzioni di delivery di consegna e ritiro a domicilio, presso negozi o luoghi terzi è, oggi, uno dei fattori di competizione decisivi nel retail mondiale, e lo sarà ancora a lungo. L’enorme aumento delle consegne di piccoli pacchi LTL [less-than-truckload] nell’ultimo miglio, ne è l’emblema.

E, per diversi comparti della distribuzione, fashion in testa, la logistica inversa di restituzione delle merci ai distributori o ai produttori, per la rivendita o lo smaltimento, assume, ormai, importanza strategica.

Sostenibilità

Il tema delle consegne, a maggior ragione nel 2021, è un ottimo spunto di partenza per trattare la sostenibilità, evoluta da semplice opzione etica (o, più spesso, pubblicitaria) a vincolo di relazione con i consumatori, per lo scopo e i valori che guidano un brand o un’insegna. Solo per quanto riguarda il carrello alimentare, nel nostro paese il valore dei prodotti green ha toccato i dieci miliardi di euro.

Quasi ogni passo della catena del valore può essere misurato in termini di impatto ambientale, e l’uso della tecnologia è uno dei percorsi sicuri per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e ridurre i costi energetici. Per i retailer, l’adozione di modelli di previsione predittiva si sta dimostrando mezzo efficace per prendere le decisioni più appropriate sull’approvvigionamento e la gestione delle scorte, risolvere la pianificazione imprecisa della domanda e dell’inventario, ridurre lo spreco di imballaggi e prodotti in eccesso.

In Italia

Per la GDO, secondo i dati Nielsen, nella fine dell’anno il calo del dato progressivo, da gennaio a dicembre, si è attestato allo 0,74% rispetto al 2020, anno, però, di eccezionali fortune. Continua il ridimensionamento delle grandi superfici di vendita in modo inversamente proporzionale ai discount. Il 2021 sembra sia stato, nelle prime osservazioni di chiusura, favorevole alla crescita della prossimità, per la quale sono rilevanti i supermercati e anche le piccole superfici. Prosegue, con risultati sempre più interessanti, l’ibridazione con la ristorazione. L’e-grocery cresce, ma resta secondario nel complesso delle vendite alimentari: nelle previsioni di Coop Italia, si consoliderà a una quota inferiore al 3%. Nell’ immediato, per la GDO la preoccupazione maggiore è la dinamica dei prezzi: nel primo semestre 2021 la deflazione del prezzo dei prodotti alimentari è stata dello 0,7%, ma l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei listini dei fornitori preannuncia un 2022 difficile sia per la distribuzione che per i suoi clienti.

Il fashion, dopo la grave flessione del 2020, ha registrato una crescita del 19% del fatturato, a parità di periodo, nei primi otto mesi. Non si può ipotizzare un ritorno a breve termine ai volumi e alle redditività del 2019, ancora lontani, anche se la ripresa dell’export fa ben sperare il settore.

La ristorazione, dopo l’annus horribilis, ha conosciuto una ripresa dei consumi in primavera, quando l’80% degli italiani era tornato a consumare fuori casa. Il peggioramento indotto dai nuovi provvedimenti contro la diffusione del contagio, però, si combina all’ incremento dei prezzi delle forniture alimentari, per le associazioni di categoria prossimo al 10%, e delle energie. Listini al cliente e flessione del traffico out of home, a oggi, sembrano anticipare nuove difficoltà.

Il 2022, e oltre

Il bisogno di risposte adeguate alle nuove aspettative dei consumatori, dopo l’emergenza sanitaria, è fuori discussione. Non può, però, essere liquidato con un generico richiamo alla tecnologia che, pure, resta l’assistente migliore e indispensabile di chi, sul mercato, vuole restare e crescere. Sarà decisivo averne la percezione chiara dell’impatto sul brand, sul sistema di distribuzione, sul negozio e sul singolo punto di contatto con il cliente.

Se ciò che fa la differenza è la relazione con chi compra, nella maggiore personalizzazione possibile, solo con l’innovazione digitale è possibile trovare nuovi equilibri e maggior forza per competere, con tutto ciò che serve a ospitare un’esperienza e a creare nuovi modelli organizzativi e commerciali, piuttosto che gestire semplicemente l’offerta. Per difendere la relazione con il cliente che già c’è e quello che ci sarà, il retail dovrà giocare contemporaneamente su molti campi, fino a oggi ben distinti, e ininterrottamente nel tempo, non soltanto al momento della vendita. Fino a costituire un ecosistema di ciò che è sempre stato, ma accresciuto di dati, tecnologia, marketing, social media, creatività, comunicazione. Percorso complesso, ma ineludibile.

(a cura di Michele Caprini, Gruppo Retex)

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