Retail 2021, con e senza virus

////// Corporate News

Retail 2021, previsioni (o azzardi) sulle forme, i successi e i rovesci che ci aspettano. Noi cerchiamo di orientarci su ciò che sarà e ce lo auguriamo all’insegna di poche parole chiave del nostro modo d’essere: innovazione, sostenibilità, tecnologia. E diversità e inclusione, aggiungiamo.

Retail 2021, previsioni (o azzardi) sulle forme, i successi e i rovesci che ci aspettano. Noi cerchiamo di orientarci su ciò che sarà e ce lo auguriamo all’insegna di poche parole chiave del nostro modo d’essere: innovazione, sostenibilità, tecnologia. E diversità e inclusione, aggiungiamo: per chi non se ne fosse accorto, queste sono leve strategiche del business. Oltre che, soprattutto, di un vivere decente.

Retail 2021, detto così, sembra una cosa da bookmaker: scommesse a non finire sui tempi, le forme, i successi e i rovesci della distribuzione mondiale. Giustificate, peraltro, dalla storia recente, dove non sono mancati traumi, sorprese e repentine affermazioni. Il virus infame che da un anno sta condizionando la vita di miliardi d’individui, comunque, è stato e sarà ancora banco di prova della capacità d’innovazione necessaria a competere o a sopravvivere. Senza dimenticare i tanti che, nel retail, su quella hanno già ha vinto o perso la partita.

La “nuova normalità” rischia di restare un’espressione banale e astratta, che non serve a orientarsi tra cambiamenti supposti e reali. Anche perché, giova ricordarlo, l’emergenza indotta da COVID-19 avrà sicuramente incoraggiato scelte originali ma, in buona parte, ha accelerato processi già in atto.

Per il retail del 2021 proviamo a individuare e, soprattutto, ad augurarci, qualche tendenza più forte di altre nelle aree in cui siamo impegnati direttamente. Senza sfondare porte aperte, se possibile, come il boom del commercio elettronico che, tuttavia, esprime una curiosa bivalenza: in un’indagine Coop del mese passato, per il 40% dei food top executives rappresenta una minaccia, per il 55% un’opportunità.

Mettiamoci alla finestra, dunque, magari, guardando un po’ più in là della punta del naso cui rischia di abituarci il ritardo digitale del Belpaese.

GRANDE DISTRIBUZIONE

Il 2021 esordisce in uno scomodissimo confronto con il 2020, nel quale la GDO ha visto la crescita delle vendite a valore più alta dell’ultimo decennio (+4,3%, 4 miliardi di euro) ¹. Dalla reazione emotiva al lockdown e dalla brusca flessione della domanda nella ristorazione, si sono avvantaggiati i negozi, in maggior misura discount e supermercati.

Gli indicatori dei consumi per il nuovo anno sono più incoraggianti (+ 5,0% su -8,7% del 2020) ², ma a trarne vantaggio sarà solo il retail più innovativo. Il potente sviluppo internazionale dell’omnicanalità nel mondo ha trovato da noi, per adesso, solo timide repliche e si fa ancora più urgente la radicale riforma del punto vendita con tecnologie adeguate, puntando a continuità e omogeneità della relazione con il cliente.

Non fanno difetto i modelli cui ispirarsi. I grandi retailer americani - food e non food - di cui alcuni sospettavano le difficoltà di ristrutturazione, hanno invece segnato la via. Un caso che fa scuola è Target, quasi 2.000 punti vendita, che negli ultimi anni ha operato una forte ristrutturazione digitale della propria rete. Nel terzo trimestre, l’azienda ha aumentato del 20,7% le vendite online e nei negozi aperti da almeno un anno, mentre le vendite nei negozi di più lungo insediamento sono salite del 9,9%.

La crescita del 2021 non sarà replicabile; si tratterà di difendere, per quanto possibile, le posizioni e di vedere se e come sarà capitalizzata per riprogettare la GDO dell’immediato futuro. Integrazione del ciclo di vendita, ristrutturazione dei formati, personalizzazione dell’offerta e dei servizi, egrocery dovranno essere i punti dell’azione riformatrice del retail 2021. Non è una novità, ne parliamo da tempo; ciò che cambia, e aumenta ogni giorno, è il grado di urgenza.

¹ dati Nielsen ² dati ISTAT

FASHION & LUXURY

Se la chiusura dei negozi, dovuta alle necessità di distanziamento sociale, dovesse continuare nei prossimi mesi, per Business of Fashion, una delle pubblicazioni di riferimento internazionale per il comparto, ci saranno difficoltà finanziarie più o meno accentuate per l'80% delle aziende di moda quotate in borsa in Europa e Nord America. Nelle stime dell’anno appena concluso, i profitti diminuiranno del 93% dopo l’aumento al 4% nel 2019 e il rischio di fallimento è reale per un numero considerevole di player globali.

Anche per la moda, però, alcune nuove tendenze avevano iniziato a manifestarsi già prima della pandemia. Nel corso dell’anno, poi, si sono evidenziate nelle decisioni, qualche volta traumatiche, prese dalle imprese del settore quali, ad esempio, la forte riduzione della rete fisica di Zara. Il modello di business in consolidamento privilegia il retail “esperienziale” in reciproca dipendenza dall’eCommerce, con ricadute importanti sulla gestione degli stock e i servizi di ritiro del venduto e consegna del reso presso il negozio. La pressione sulla sostenibilità si farà ancora più forte, e l’economia circolare è già tema di confronto tra i produttori a tutti i livelli.

Per il lusso, nelle previsioni di Bain/Altagamma, nel 2021 la crescita possibile avrà ampi margini di oscillazione, tra il 10% e il 19%. Fattori decisivi saranno l'evoluzione del Covid-19 e il possibile e agognato ritorno ai viaggi; il profitto operativo dei brand nel 2020 sarà a consuntivo inferiore del 60% rispetto al 2019. In controtendenza, e scriverlo non fa neppure effetto, laCina, unica al mondo a chiudere con un saldo positivo del 45%. D’importanza strategica il consumo locale, trasversale ai canali, alle fasce di prezzo e alle generazioni dei consumatori cinesi.

FOOD AND BEVERAGE

La ristorazione sta pagando pegno pesantissimo al virus, in tutto il mondo. In casa nostra, secondo Bain & Company, bar e ristoranti chiudono l’anno con una perdita netta in valore del 37% su base annua, equivalente a 27 miliardi di euro. Un’idea più precisa della tempesta che ha colpito il settore è data dal confronto con la peggior flessione precedente: fu durante la crisi del 2009, quando il calo si attestò al 5%.

La contrazione della spesa out of home, che della ristorazione è stata, invece, indicatore di crescita costante fino al 2019, è stata aggravata dal fenomeno dello smart working che ha sottratto agli operatori intere aree urbane di attività. L’aumento dei consumi a domicilio accrescerà lo sforzo d’innovazione dei punti di consumo esterni, che dovranno aumentare l’attrattività della propria offerta al tavolo, dal menu ai pagamenti, arricchendola con capacità di consegna a domicilio propria o tramite i vettori del food delivery, in crescita vertiginosa in tutto il mondo. L’ibridazione della grande distribuzione, e l'esternalizzazione delle cucine saranno, poi, tra i protagonisti del 2021.

IL 2021 CHE SARÀ, IL 2021 CHE VOGLIAMO

Le proiezioni del momento oscillano tra uno stato post-COVID raggiungibile in estate e una temuta terza ondata del virus. La probabilità di un primo semestre retail del 2021 in continuità con quanto stiamo vivendo, peraltro, è forte. Non sappiamo ancora quando avverrà il presunto ritorno alla “normalità”, ma questa non sarà più come la ricordiamo. Vale la pena, quindi, augurarcela all’insegna di poche parole chiave del nostro modo d’essere: innovazione, sostenibilità, tecnologia. E diversità e inclusione, aggiungiamo: per chi non se ne fosse accorto, sono leve strategiche del business. Oltre che, soprattutto, di un vivere decente.

(a cura di Michele Caprini, Retex SpA)