Lusso sui livelli del 2019 già nel primo quarter. Due scenari per il 2021.

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Il lusso ha subito un calo drammatico a causa della pandemia ma nel primo trimestre 2021 ha abbondantemente recuperato: nelle stime di Bain & Company il quarter è terminato con ricavi in linea o leggermente al di sopra (+1%) di quelli dello stesso periodo del 2019.

Il lusso ha subito un calo drammatico a causa della pandemia ma nel primo trimestre 2021 ha abbondantemente recuperato: nelle stime di Bain & Company il quarter è terminato con ricavi in linea o leggermente al di sopra (+1%) di quelli dello stesso periodo del 2019.

«I fattori trainanti sono molteplici, dai passi avanti nelle vaccinazioni, all’accelerazione della spesa dei cinesi sul mercato interno, dalla continua crescita degli acquisti online fino alla sorprendente velocità di ripresa della confidenza al consumo degli americani», ha spiegato Claudia d’Arpizio, partner della società di consulenza a Milano, durante l’appuntamento digitale di oggi con l’Altagamma Monitor Update.

Come ha fatto notare Federica Levato (altra partner di Bain), in Cina sta emergendo una nuova categoria di consumatrici: le donne Alfa, influenti e con potere d’acquisto, in genere Millennial o giovani. In più stanno nascendo nuove resort location per stimolare il turismo interno. A livello di marketing, si stanno imponendo le piattaforme open di social commerce dove i brand possono comunicare con i consumatori e gli shopper conversano fra loro.

Negli Usa si assiste a una razionalizzazione a livello di canali distributivi e a un nuovo ruolo dei department store, specie nell’interfacciarsi con nuovi consumatori e nuovi brand. Sul fronte della domanda, va monitorata la crescente richiesta di rilevanza delle subculture.

L’Europa resta un mercato in difficoltà per via della sua vocazione turistica e al momento non si vedono ancora grandi cambiamenti nello shopping dei turisti, in parallelo con una situazione locale depressa.

Altra sorpresa, dopo gli Usa, è il Middle East, specie Dubai, che durante la pandemia ha saputo accogliere i wealth expat dal Golfo e da Paesi come la Russia: un processo di certo temporaneo ma che va tenuto in conto.

Sul fronte dei canali distributivi non emergono trend nuovi: l’e-commerce è il più gettonato, mentre il travel retail è quello più in sofferenza, seguito dai department e specialty store.

Se si esamina l’influenza dell’online sul processo di acquisto di beni di lusso, nel 2021 è superiore all’85% dal 75-80% del 2019 e dal 65-70% del 2016. Dal report di Bain si scopre che hanno un peso anche i touchpoint umani: crescono, infatti, le vendite one-to-one da remoto, gli appuntamenti virtuali con gli assistenti alle vendite e i servizi di assistenza al consumatore a distanza.

Cambiano poi gli "elementi di valore": la qualità resta in testa, ma c’è più ricerca di prodotti che ricerca di marchi, perché tra gli shopper prevale la volontà di affermarsi con un’identità propria e con propri valori. Aspetti come la sostenibilità, la diversity, l’eguaglianza e l’inclusione sono in ascesa e aumenta il bisogno di sentirsi connessi.

A livello di categorie merceologiche, Bain prospetta un netto dinamismo per gli accessori, seguiti dall’abbigliamento e dai gioielli. In calo o stabili gli orologi come pure il beauty.

Per l’intero 2021 gli esperti profilano due scenari, entrambi più positivi rispetto alle previsioni del novembre 2020.

Il primo, di piena ripresa già da quest’anno, ipotizzando un cagr (tasso di crescita composto annuo) 2019-2021 fra lo zero e il 5%, dovrebbe portare il mercato dei personal luxury goods a raggiungere i 280-295 miliardi di euro, dai 281 del 2019.

Il secondo - meno ottimista (cagr 2019-2021 fra il -5% e il -10%) e con il 70% di probabilità di realizzarsi - colloca i ricavi 2021 fra 250 e 265 miliardi di euro, mentre nel 2022 potrebbero entrare nell’intervallo 265-295 miliardi.

«L’agenda dei brand - ha concluso D’Arpizio - è ricca di cose da fare: ora è più difficile fare business ma è più interessante. Si tratta di vendere emozioni e di un business di connessioni e di cultura, che sono la forza dei marchi italiani».

(a cura della Redazione, FashionMagazine)