La trasformazione digitale? Sta già cambiando
Conversazione con Marco Ruffa, Digital Transformation Director di Pinko, uno dei Brand leader della scena italiana della moda.
Pinko è un’azienda di Fidenza, fondata negli anni ’80 da Pietro Negra, attuale Presidente e Amministratore Delegato dell’azienda. È tra i leader della scena italiana della moda. Presente nel mondo con oltre 250 negozi, fra monobrand e franchising, conta circa 1500 punti vendita all’ingrosso. In Pinko, Marco Ruffa ricopre il ruolo di Digital Transformation Director.
Retex Non ti nascondo che il primo spunto d’interesse viene proprio dal tuo ruolo, Digital Transformation Director. A prescinderne dall’importanza, è una qualifica che porta con sé diversi significati possibili.
MR Nel mio caso, la storia con Pinko è iniziata ancora prima che assumessi questo ruolo. Avevo collaborato, come consulente, con la proprietà sul tema dell’omnicanalità e, poi, abbiamo deciso di proseguire insieme per dare corpo a una funzione che, trasversalmente a tutte le linee di business, a quelle fosse più vicina e partecipativa. Un’interpretazione diversa da quella tipica del CIO: nelle intenzioni comuni, la nostra idea di trasformazione digitale è più adatta ad accompagnare il cambiamento continuo del nostro modo di essere e di stare sul mercato.
La trasformazione digitale
Retex Provo a declinare: nei tuoi compiti rientra la gestione dell’evoluzione e dei cambiamenti in senso digitale e la crescita di una cultura d’impresa conseguente, in ogni parte di Pinko. Ci sono andato vicino?
MR Direi di sì. Io partecipo il lavoro delle varie unità aziendali già nella fase d’impostazione, non soltanto nella fase esecutiva. È un orientamento che dà un valore e un’efficacia diversa all’azione, e in questo posso contare sul supporto del Presidente.
Retex L’emergenza sanitaria ha segnato quasi un biennio, che il settore ha pagato duramente, ma ne ha beneficiato l’innovazione. La tua visione?
MR La pandemia ha premiato la digitalizzazione per tutti, oggi la curva si è appiattita perché il processo è maturato ed esprime un’ampia concorrenza. Le tematiche phygital sono concettualmente scontate, c’è chi ha risposto alle necessità del cambiamento e chi, invece, è in ritardo, ma ora si tratta di definire e governare l’evoluzione delle boutiques digitali. Gli stessi modelli di trasformazione digitale sono in continua evoluzione. Per esempio, c’è un dato indicativo da considerare: la spesa di acquisizione del cliente si è fatta sempre più rilevante. Nel conto economico, va considerata, ormai, voce a sé, alla pari dell’affitto dei locali.
Retex Se guardo ai numeri di Confindustria Moda, nel 2021 i ricavi del settore ammontano a circa 92 miliardi di euro; in crescita del 22,2%, ma resta ancora un gap del -6,4% rispetto al 2019, quando le vendite avevano superato i 98 miliardi. Il primo trimestre del 2022, peraltro, sembra incoraggiante. Sei ottimista anche tu?
MR Pinko ha retto bene, il mio ottimismo è giustificato. È stato importante il risultato acquisito in Cina, per noi un mercato core, dove il lockdown è stato più breve e i trend di crescita si sono mantenuti sempre alti. Direi che abbiamo risposto alle difficoltà con la flessibilità, in tutte le fasi del nostro lavoro, dal disegno alla produzione e al retail. In un contesto difficile come quello, ci ha premiato.
Retex La tecnologia è tramite certo dell’innovazione e, quindi, del posizionamento sul mercato. La mia impressione, però, è che, quando si parla dell’una e dell’altra, sia quasi immediato il riferimento alla sola customer experience. Però, se parliamo di trasformazione digitale nella sua accezione più ampia, io darei la dovuta centralità agli aspetti interni all’azienda.
MR Nell’ultimo miglio commerciale, se vogliamo chiamarlo così, la partita si gioca con tanta innovazione aggiunta alle normali competenze di chi lavora, nel negozio e in qualunque altra unità aziendale. In tutto questo, c’è un punto nodale, comune a tutto il settore, che impone una domanda: quanta cultura digitale dev’essere costruita e distribuita internamente, a chi e come? Chi è in azienda deve poter riferire coerentemente il suo impegno a una visione comune, conosciuta e condivisa. È un aspetto basilare del nostro modello di lavoro e un cambiamento importante nella prospettiva della trasformazione digitale stessa. Fammi dire che agli obiettivi ci arrivi anche con un approccio “umanistico”: bene i nuovi processi, bene la tecnologia ma, se lasci indietro le persone, fai un buco nell’acqua.
Nella foto: Marco Ruffa, Digital Transformation Director di Pinko
Metaverso?
Retex Guardiamo al futuro, dietro l’angolo o no. Metaverso è al centro dell’attenzione di tutti e le stime sul suo valore sono tante e diverse. Azzardo un’ipotesi e dico che non tutto il metaverso sarà rilevante, per qualunque brand e in qualunque comparto del mercato. La moda, però, è tra i settori più attivi nell’esplorazione delle opportunità offerte e ne sarà, con ogni probabilità, tra i più premiati.
MR A breve, non faremo volumi importanti nel metaverso, questo è sicuro, ma la cosa di cui tenere conto è un’altra. Chi ha scommesso su internet, venti e più anni fa, non ha ottenuto un vantaggio commerciale immediato; le competenze maturate allora, però, sono servite dopo, eccome. Questo, per dirti che chi sperimenta sul metaverso oggi, avrà un vantaggio competitivo domani quando, magari, sarà una dimensione affermata del nostro mondo. Non decidi l’innovazione al mattino, per farla entro sera. In Pinko, peraltro, abbiamo da poco lanciato la preview di un drop NFT in occasione di Vivatech, la fiera parigina dedicata all’innovazione. Ci aspettiamo un’evoluzione verso un equivalente della vecchia fidelity, completamente digitale e decentralizzata.
Nuovi modelli
Retex La sostenibilità, in tutte le sue accezioni possibili, conta sempre di più negli orientamenti d’acquisto: sono molti i consumatori che amano ridurre, riutilizzare, riciclare il vestiario e questo fa sì che l’usato sia, adesso, un’opzione concreta. I siti web che vendono capi preloved godono di fortuna crescente e, nel frattempo, anche i leader del fast fashion prestano attenzione e investimenti alla circolarità. La seconda mano si prospetta come un business ben superiore ai 200 miliardi di dollari, già entro il 2026. Tu, come la vedi?
MR In Italia, per adesso, mi sembra che sia considerata, perlopiù, non coerente alle strategie di mercato dei produttori. Io, invece, penso che sia del tutto complementare a queste, per le ragioni che hai accennato sulla sostenibilità e anche per fattori di più immediata importanza. L’affermazione del resale, in primo luogo, ti permette di mantenere o di alzare il prezzo dei tuoi capi. Poi, dà valore al tuo prodotto perché ne rafforza la percezione di durevolezza nel tempo. Pinko è attiva sulla seconda mano, perché la richiesta del mercato è tangibile e, anzi, la interpretiamo in modo originale.
Retex Ti riferisci a Pinko Play, suppongo.
MR Sì, perché con questa iniziativa abbiamo puntato sul concetto di rental, abbinando l’idea di sostenibilità a una forte innovazione dell’offerta. Proponiamo l’abbonamento, per consentire a chi compra il continuo cambio dell’armadio o anche, soltanto, di poter disporre di una soluzione a qualche occasione particolare. Per fare questo, ci serviamo spesso di abiti già usati. Pinko Play è agli inizi e, come per qualsiasi altra operazione innovativa, stiamo aggiustando progressivamente il tiro. Ma la risposta ottenuta fino a oggi è confortante.
(a cura di Michele Caprini, Retex Group)