In Cina è ripartito lo shopping del lusso, marchi italiani in prima fila
Dopo il lockdown un primo rimbalzo e poi la conferma della crescita: a ottobre in una sola settimana sono stati spesi 200 miliardi in acquisti, ristoranti e hotel (+4,9%).
Dopo il lockdown un primo rimbalzo e poi la conferma della crescita: a ottobre in una sola settimana sono stati spesi 200 miliardi in acquisti, ristoranti e hotel (+4,9%)
Le previsioni degli analisti del lusso lo avevano già messo nero su bianco: in questo annus horribilis la Cina sarà l’unico Paese a non registrare una flessione. Passato il “rimbalzo” subito dopo la fine del lockdown, guidato da una voglia di rivincita (il cosiddetto revenge shopping) e concretizzatosi in code chilometriche e fatturati record per alcune boutique di lusso, la tendenza all’acquisto nella Repubblica Popolare si è stabilizzata e si conferma in crescita. Anche per i marchi del lusso italiano.
La Golden week traina i consumi
Se tutti aspettano come banco di prova l’11/11, il Single’s day “inventato” da Alibaba che ogni anno macina vendite record (e per cui le griffe si stanno attrezzando con collezioni ad hoc: Dior l’ha già presentata), i primi dati significativi sullo shopping in Cina sono quelli relativi alla Golden Week: secondo il China commerce department nella settimana tra il 1° e l’8 ottobre 2020 in Cina sono stati spesi 200 miliardi di euro in acquisti, ristoranti e hotel. Un somma che supera del 4,9% la spesa del 2019.
Merito anche dei flussi turistici interni che hanno portato negli shopping mall e nei department store oltre 305 milioni di persone. A dimostrare l’aumento dello shopping anche l’incremento del 30% delle transazioni con Wechat Pay sempre nei department store e nei mall e un incremento delle vendite su Tmall Global pari al 79,4 per cento.
Focus sui viaggi locali
I viaggi si sono concentrati su località prettamente turistiche come l’isola di Hainan dove, durante la Golden week, anche grazie a una recente politica sul tax free le vendite nei mall sono salite di oltre il 148% a oltre il miliardo di remimbi, quindi circa 130 milioni di euro. I beni più comprati? Beauty e profumi, orologi e gioielli. Ma anche le città dello shopping non sono da meno: i 437 mall di Shanghai nella settimana di festa hanno venduto merce per 12,8 miliardi di remimbi (oltre 1,6 miliardi di euro), +13,7% sull’anno precedente.
Ad aver raccolto i dati citati per tracciare un quadro aggiornato dell’andamento del mercato cinese è Retex, società che opera nel settore retail in Cina e unico partner europeo di Tencent, il colosso cinese cui fa capo il social Wechat. Nel post lockdown, la reazione dei cittadini della Repubblica Popolare è stata dinamica, come spiega Santiago Mazza, digital advisor di Retex:
«I cinesi non hanno perso la voglia di viaggiare, ma preferiscono farlo entro i confini nazionali per questioni di sicurezza. Non hanno timore di entrare nei negozi fisici e nei mall dove, anche grazie alla tecnologia, i controlli sono molto rigidi: in alcuni casi si varca la soglia solo dopo aver scannerizzato un QR code e, tramite il contact tracing, “certificato” di non aver avuto contatti con positivi al Covid-19».
Marchi del lusso vincenti
La tendenza, conferma Mazza, è quella di acquistare brand del lusso europeo soprattutto
«nelle aree tax free e utilizzando i cosiddetti canali crossborder come Tmall Global o i Mini program di Wechat (una sorta di pop up store attraverso cui i brand vendono direttamente sul social, ndR) che, facendo arrivare la merce da oltre confine applicano una tassazione molto più bassa rispetto ai portali cinesi. Si parla del 9% contro il 40-50 per cento».
A vincere non sono solo i big brand ma anche i marchi di nicchia:
«Durante il lockdown le persone chiuse in casa hanno passato ore sui social. Chi ha saputo comunicare bene e attraverso i canali giusti il proprio brand “di nicchia” oggi ha sicuramente acquistato clienti».
Proprio su questo principio - la promozione dei piccoli brand attraverso i canali appropriati - si basa il progetto Pavilion Italia che Digital Retex, una delle società del gruppo, sta portando avanti con Ice per lanciare 300 piccoli brand italiani in Cina con Wechat.
Big brand e non solo
Questo scenario trova riscontro nelle considerazioni dei ceo di alcuni grandi brand del lusso made in Italy. Patrizio Bertelli, per esempio, già a inizio settembre aveva annunciato che vendite del gruppo in Cina avevano ampiamente superato i livelli del 2019, evidenziando una crescita a doppia cifra da inizio anno. Jean Christophe Babin, ceo di Bulgari Group, nel suo intervento al convegno The Restart, organizzato da Sole 24 Ore e Ft la scorsa settimana, ha confermato che «nel terzo trimestre 2020 in Cina il gruppo ha registrato risultati sorprendenti, vicini allo stesso periodo del 2019» e ha attribuito il recupero alla «domanda rimasta molto alta e rafforzata dal turismo interno».
A riprova del fatto che il made in Italy ha successo anche senza il vessillo dei super brand, il caso della start up Mirta, piattaforma e-commerce che vende prodotti (borse, pelletteria e ora anche cashmere) degli artigiani italiani: forte dei risultati ottenuti durante il lockdown, è sbarcata in Cina utilizzando Red, la piattaforma di social-commerce cinese che conta oltre 300 milioni di utenti. L’obiettivo per Mirta, è raggiungere i 2,5 milioni di visite uniche mensili alla piattaforma nell’arco dei prossimi sei mesi.
(a cura di Marta Casadei, Redazione Il Sole 24 Ore)