Il nuovo retail? Non ha età
Età, demografia, geografia definiscono la società nella sua evoluzione e condizionano gli assetti del retail.
L’innovazione del retail, che dell’evoluzione dei consumi e, quindi, della società, è interprete fra i più attendibili, passa per la chiarezza degli obiettivi e del mutevole contesto di azione. I Millennials, da anni, sono presi a riferimento delle strategie, eppure Forbes, già nel 2018, definiva l’invecchiamento della popolazione «una benedizione per il mercato». In ballo, con gli over 65, una capacità d’acquisto da 20 trilioni di dollari, entro il 2030.
Età, urbanizzazione, demografia, immigrazione, geografia sono elementi fondamentali per definire la società nella sua evoluzione. Da questa, ne conseguono volumi e tipologia dei consumi e, naturalmente, gli assetti del retail.
Il mondo
Nei prossimi decenni, la popolazione crescerà a una velocità dimezzata rispetto agli anni compresi tra il 1960 e il 1990. Non in modo omogeneo, naturalmente, e proprio questo cambierà gli equilibri mondiali. Oggi, a ogni bambino che nasce negli Stati Uniti, ne corrispondono 4,4 in Cina, 6,5 in India, e 10,2 in Africa.
Più di cinque miliardi di persone abiteranno le aree urbane entro il 2030 (il 61% della popolazione mondiale in quell’anno) e saranno il referente principale del retail e l’incubatore delle principali tendenze di consumo. A causa dell’invecchiamento della popolazione e dei bassi tassi di natalità, il gruppo di consumatori ultrasessantenni sta crescendo rapidamente in molte città dei paesi avanzati e costituirà un segmento di mercato determinante, per la maggiore capacità di spesa rispetto alle generazioni più giovani.
Lo storico Neil Howe, proprio colui che con William Strauss ha coniato il termine «millennial», sostiene che «il benessere relativo di cui gode oggi la terza età non ha precedenti nella storia». Gli ultrasessantenni, nel 2030, aumenteranno di 350 milioni, per lo più in Europa, Nord America e Cina. E, già oggi, possiede circa la metà della ricchezza netta mondiale (negli Stati Uniti, quasi l’80 per cento).
L’Italia
Il dimensionamento del consumo in questa fascia d’età, nel nostro paese, è evidente nelle stime del Centro studi Confindustria, secondo il quale gli over 65, grazie a un reddito medio più alto (20mila euro a fronte di 16mila degli under 35), godono del consumo pro-capite più elevato (15,7mila euro all’anno, contro i 12,5mila per gli under 35). Il valore complessivo di spesa è circa 200 miliardi di euro, quasi il 20% degli interi consumi delle famiglie residenti. Nel 2030, l’incidenza salirà al 25%.
Nella ricerca congiunta di Federdistribuzione e PwC, quasi il 91% degli over 65 italiani, durante il lockdown, ha continuato a percepire lo stesso reddito (solo il 44,5%, invece, nella fascia compresa tra i 18 e i 34 anni).
Secondo una ricerca condotta da Deloitte, al termine del 2020 (Digital Humanism, The Guiding Star of Recovery), l’effetto della pandemia su questo segmento di età ne ha ulteriormente rafforzato l’identità di consumatori. Se il 44% dei pensionati europei ha dimostrato un buon approccio alle tecnologie digitali, l’Italia risulta, dopo la Grecia, al vertice della classifica di gradimento, con ben il 59% di persone confidenti nelle app di comunicazione e di commercio elettronico.
Età e propensione digitale
Secondo Clarkstone Consulting, l’adozione dell’eCommerce da parte in questa fascia d’età è un focus strategico del retail. Forse sorprendentemente, i consumatori dai 65 anni in su (in precedenza il gruppo che faceva meno acquisti online) si sono affermati come il gruppo in più rapida crescita digitale, con un aumento del 49% delle vendite rispetto all’anno precedente.
Nel caso dell’eGrocery, poi, le rivelazioni di Instacart, quantificano nel triplo il numero di iscrizioni degli ultrasessantacinquenni ai servizi di consegna di generi alimentari, negli Stati Uniti e in Canada. Questi clienti, inoltre, ordinano generi alimentari più frequentemente, al 25%, e spendono il 35% in più in articoli per la casa rispetto al consumatore medio. Il CEO di Instacart, Nilam Ganenthiran, si è sbilanciato nell’affermare che ordinare generi alimentari online sarà, per questa generazione, una definitiva normalità anche dopo la pandemia.
I baby boomer sono generalmente più esperti di tecnologia di quanto molti marketer siano portati a pensare. Anzi, resiste ancora un pregiudizio tradizionale per il quale, oltre certi limiti di età, il marketing è portato a trascurare quel gruppo di consumatori, per concentrarsi esclusivamente su gruppi nuovi e più giovani. Ma in questo gruppo demografico cresce rapidamente la propensione al commercio digitale, confermata anche dai dati della Comunità Europea, dello scorso 7 gennaio.
Ulteriore dimostrazione è lo studio di Global Web Index sull’uso dei social media, visto secondo classificazione per fasce d’età. I baby boomers che li usano per cercare e trovare prodotti per l’acquisto sono il 20%, una percentuale vicina a quella della generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2003), nativa digitale per eccellenza.
Go to market
Sono molte e diversificate le nuove tendenze di consumo, conseguenti all’evoluzione e alla complicazione del quadro sociale. Basterebbe citare l’aumento delle famiglie monoparentali (il 19%, nel mondo, entro il 2030), segmento nel quale, oltre ai consumatori più giovani inclini a ritardare la vita familiare, si trova un alto numero di anziani costretti dalle circostanze a vivere da soli.
Il retail deve evitare il rischio di applicare l’innovazione a categorie sociali e di consumo in via di obsolescenza, o già non più valide. Occorre un approccio olistico al proprio target, dotandosi di una profonda conoscenza dei cambiamenti demografici, degli stili di vita e dei modelli di spesa.
Emblematico e, perché no, anche divertente il caso del CEO di Lowe’s (leader mondiale del retail per la casa, con una catena di 2400 negozi e ricavi per 67 miliardi di dollari), Marvin Ellison, che ha trovato difficoltà a reperire gli articoli di cui aveva bisogno nella ristrutturazione della casa paterna.
Migliorando l’accessibilità e l’usabilità, tanto dei negozi quanto dei siti già dalla fase di disegno degli stessi, i retailer devono orientarsi allo sviluppo di politiche commerciali e marketing diverse da quelle in uso finora, e più efficaci. Obiettivo ultimo, lo sviluppo di prodotti e servizi utili a soddisfare le aspettative e i bisogni di una fascia di consumatori, lontani per abitudini e necessità da Millennials e Generazione Z, sempre più larga e decisiva per le sorti del commercio internazionale.
(a cura di Michele Caprini, Gruppo Retex)