Torniamo in negozio, così ci divertiamo un po’

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Il negozio è vivo e vegeto e, anzi, fa da supporto al successo delle vendite online, piuttosto che subirle. La personalizzazione dell’offerta e del customer journey è decisiva, e l’intrattenimento del cliente, nelle sue varie forme, ne è parte importante.

Anche prima dell’emergenza COVID, era diffusa la convinzione che il negozio tradizionale fosse destinato al tramonto, soppiantato dall'e-commerce. Non è così, il negozio è vivo e vegeto e, anzi, fa da supporto al successo delle vendite online, piuttosto che subirle. La personalizzazione dell’offerta e del customer journey è decisiva, e l’intrattenimento del cliente, nelle sue varie forme, ne è parte importante.

Che il negozio, come il ristorante, abbia sofferto drammaticamente la pandemia non è una novità per nessuno. Che l’eCommerce, nello stesso periodo, abbia supplito al ruolo e soddisfatto molti bisogni, neppure. Giochi fatti, dunque? No, niente affatto.

L’attesa

La parola chiave sembra essere “attesa”; impaziente, per di più. Negli Stati Uniti (dove, mentre siamo in scrittura, è stato vaccinato con due dosi il 35% della popolazione, contro il 13% dell’Italia), il dato è evidente. Quasi il 50% dei consumatori intervistati da 451 Research nel primo trimestre ha detto che prevede di iniziare “immediatamente” a fare acquisti in negozio dopo la fine delle restrizioni COVID; il 23% entro tre mesi da questa, il 17% successivamente.

In Italia, rispetto al mese di marzo 2020, i dati ISTAT rilevano la crescita, scontata, del commercio elettronico (+39,9%), ma anche l’aumento delle vendite al dettaglio nei canali distributivi tradizionali: GDO (+17,0%) e imprese operanti su piccole superfici (+27,8%). Già si è fatta di necessità solida virtù con il touchless retail, e le premesse per un ritorno alla vetrina e al banco sono forti più che mai.

Il ritorno in negozio

Le domande, a questo punto, sono semplici: da cosa sarà caratterizzato il ritorno? Cosa accompagnerà le persone in negozio? Con diverso accento a seconda delle merceologie, la risposta è la stessa: si dovrà continuare sul percorso aperto dai battipista del retail internazionale, facendo dei punti vendita in spazi finalizzati a nuove esperienze di shopping e alla fedeltà al marchio e all’insegna. Il negozio dovrà essere una destinazione dove chi compra vuole andare, non solo dove ha bisogno di andare; e la customer experience avrà una declinazione molto meno generica, decisamente orientata al retail esperienziale, fino a farne mezzo privilegiato per la costruzione di una comunità. Nel retail internazionale, non mancano di sicuro gli esempi virtuosi.

In questa logica, non solo lo spazio interno al negozio, ma anche quello circostante e quello virtuale diventano componenti di un’unica vetrina e un potenziale “cartellone” interattivo per l’insegna. A questi, naturalmente, va aggiunta la continuità dell’intero ciclo d’offerta nelle sue diverse parti e forme, anche d’importanza più recente. Per esempio, la prospettiva premia l’interazione con i social media, al punto che Burberry, uno dei giganti occidentali del lusso, ha puntato su un nuovo format a quelli ispirato (WeChat, nel caso).

Retail esperienziale

Con il forte aumento dello shopping online e della consegna a domicilio, la distribuzione tradizionale deve adottare nuovi modelli di vendita, per attirare traffico pedonale nel negozio, aumentare il tempo del customer journey, mantenere il più possibile la quota di spesa legata a questo momento specifico. I carrelli abbandonati e gli articoli restituiti allo scaffale, peraltro, dimostrano quanto velocemente si possa cambiare idea nel normale percorso d’acquisto.

A dimostrarlo, l’interazione con l’esterno via smartphone, il digital signage, i dispositivi di visualizzazione digitale, le promozioni, gli eventi, la gestione personalizzata di tutto ciò che fa front end. L’intrattenimento, non solo nella versione consolidata della gamification, ne è parte a tutti gli effetti ed è parte, a sua volta, del più ampio insieme della in-store experience digitale.

L’intrattenimento

Qualunque sia la dimensione del negozio, buona parte dei clienti acquisiti e potenziali lo frequenta, oltre che per comprare, per raccogliere informazioni e novità sui prodotti d’interesse (consapevole e ancora non), usando i propri sensi e l’opportunità di esplorare, socializzare e divertirsi. L’obiettivo di chi vende, in fondo, è sempre stato chiaro: creare uno stato d’animo che motiva l’acquisto.

Per i brand, l’intrattenimento è uno dei mezzi più sicuri per ampliare le esperienze in-store e diventare rilevanti nella percezione del cliente. Nulla di cui stupirsi, pensando alla potente spinta ludica delle vendite flash, usate fin dalla notte dei tempi per dare ai clienti un senso di perdita imminente senza un’azione immediata.

Oggi, innumerevoli tecnologie possono aiutare i negozi a offrire ai clienti apprezzabili esperienze d’intrattenimento. Per esempio, AR e VR possono aiutare i clienti a spostarsi dalla conoscenza all’intuizione, da ciò che è a ciò che potrebbe essere, e meglio. Brand di eccellenza come IKEA, Home Depot e Sephora ne stanno facendo largo uso e c’è chi si spinge ancora più in là, proponendole non tanto come nuova opportunità del ciclo d’acquisto, quanto come premessa del negozio stesso.

Touchpoint

Brand e rivenditori possono, e devono, sfruttare la forza combinata delle risorse fisiche e digitali, per soddisfare il bisogno di transazioni veloci, di una connessione emotiva o di acquisti esclusivi perché personalizzati all’estremo. La continuità, percepita in ogni punto di contatto, sarà per il cliente una motivazione essenziale a trovare, o proseguire, la relazione con il brand. I consumatori che scoprono qualcosa di inaspettato e divertente in un negozio e, più in generale, nell’ecosistema che lo comprende condivideranno la loro esperienza con altri, attraverso i social media e le recensioni. Questo, a sua volta, indurrà nuovo traffico.

Occorre, pertanto, ridefinire i KPI per adattarsi tanto alla progressiva evoluzione delle aspettative degli acquirenti, quanto all’evoluzione dell’offerta che ne consegue. I KPI tradizionali – ad esempio, il flusso dei clienti e il tempo di permanenza – dovranno essere rivisti, sulla base della diversificazione del customer journey. Personalizzazione, partecipazione intrattenimento sono obblighi per il negozio nell’era digitale e post COVID. Meglio prenderne nota.

(a cura di Michele Caprini, Gruppo Retex)