Moda, così blockchain e intelligenza artificiale difendono il made in Italy

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Blockchain, intelligenza artificiale ma anche IoT e realtà aumentata sono sole alcune delle tecnologie emergenti con le quali la moda italiana può tutelare e valorizzare il made in Italy

Blockchain, distributed ledger, intelligenza artificiale ma anche smart contract, IoT e realtà aumentata sono sole alcune delle tecnologie emergenti con le quali la moda italiana può tutelare e valorizzare il made in Italy. Configurando di volta in volta la veste giuridica a tutela di produttori e consumatori

La moda è una delle più importanti industrie mondiali. A livello globale impiega circa 60 milioni di persone, con un tasso di crescita esponenziale che va di pari passo con l’aumento della popolazione e del conseguente fabbisogno di abbigliamento e accessori. Allo stesso tempo è il settore che più degli altri negli ultimi dieci anni ha impattato in modo rilevante sui temi della sostenibilità industriale. Soprattutto per la stretta correlazione del fast fashion, che ha portato la tendenza bulimica dei consumatori ad acquistare in modo compulsivo prodotti, di scarsa qualità, a prezzi stracciati, con le produzioni a basso costo nei mercati asiatici, rivelatesi devastanti dal punto di vista ambientale. Oggi blockchain e intelligenza artificiale applicati alla moda possono rivoluzionarne lo sviluppo.

Come blockchain e AI possono tutelare il Made in Italy

Ma quali sono i profili giuridici? Ecco qualche spunto che può contribuire a dare una lettura pragmatica di questo binomio sempre più frequente.

L’invasione degli abiti low cost da un lato ha cambiato le abitudini di acquisto dei consumatori, dall’altro ha fatto emergere l’esigenza dei marchi italiani di imporsi sul mercato per l’alta qualità del prodotto e soprattutto la matrice nazionale della filiera, principale artefice del mito made in Italy. Tutto questo passa per una nuova e necessaria protezione delle case di moda che non può prescindere dall’uso delle nuove tecnologie legate a blockchain o e sistemi similari basati su distributed ledger technology (DLT).

La blockchain, inizialmente concepita e applicata ai trasferimenti di Bitcoin, è una tecnologia che si basa su un database decentrato su una rete di computer, attraverso lo scambio diretto di operazioni tra i blocchi della rete e la registrazione delle transazioni in un univoco registro informatico (il “distributed ledger”) distribuito proprio tra i blocchi stessi che costituiscono una catena. L’elemento innovativo consiste nel fatto che se da una parte i membri della rete possono avere accesso alle informazioni contenute, a seconda della tipologia di permessi e “chiavi” a disposizione, dall’altra non possono danneggiarle o manometterle. La blockchain è infatti protetta da una serie di complessi algoritmi che garantiscono l’integrità e la sicurezza dei dati. Da qui la caratteristica predominante della blockchain quanto all’elevato livello di tracciabilità e sicurezza nelle transazioni on line, diventando uno strumento di estrema utilità per quelle che oggi sono due esigenze fondamentali dell’industria: la tracciabilità del prodotto lungo la filiera di produzione e distribuzione e la prevenzione, o almeno la riduzione, del fenomeno della contraffazione del marchio.

L’importanza della tracciabilità nel settore della moda

Sul mercato sono ormai diverse le collaborazioni tecnologica fra i brand e software house (es. Ve Chain con Babyghost, Provenance con Martine Jarlgaard, Certilogo con Ballantyne) che mirano proprio ad applicare soluzioni tech al mondo della moda. La tracciabilità è una esigenza sempre più pressante nell’industria della moda, per ragioni volte all’accrescimento del valore del prodotto italiano, ma che riguardano in maniera diversa i produttori a seconda delle loro dimensioni.

L’industria è oggettivamente frammentata in numerosissimi attori, sia nella catena di produzione che di distribuzione che molto spesso non fanno capo al brand che appone il proprio marchio sul prodotto finale. Fatta eccezione per i grandi marchi, la maggior parte delle aziende si affidano a terzi per la produzione di materie prime, la fabbricazione del prodotto o anche la vendita al cliente finale, sia on line che in store. L’applicazione della blockchain alla catena di produzione e/o di distribuzione di un’azienda permette l’individuazione certa dei diversi attori “mappati” come componenti della rete. La constatazione e prova delle diverse transazioni di compravendita ai diversi step di lavorazione e/o distribuzione del prodotto. La possibilità di apporre una marcatura digitale che a seconda dei livelli di sofisticazione della blockchain può anche permettere la geo-localizzazione del prodotto.

Tracciata la filiera del tessuto, si può arrivare a pezzi numerati da un codice digitale o un token di cui si segue il percorso: la memorizzazione dei dati permette di sapere con certezza la collocazione fisica in tempo reale, lo stato di spedizione e consegna, con possibilità di un controllo capillare a scapito di furti e/o perdita di merce per qualsiasi ragione. In buona sostanza, la raccolta dei dati e la loro conservazione fanno della blockchain un archivio della vita del capo di abbigliamento o dell’accessorio. Sia quella privata (con l’accesso di un numero limitato di soggetti) sia quella pubblica (con un accesso indistinto dei soggetti coinvolti). E naturalmente l’accesso avviene ormai sempre più spesso da smartphone.

Grazie a smart contract appositamente codificati si potrebbero anche gestire i rapporti di dare e avere esistenti fra produttore e fornitori in modo tale da garantire sempre il controllo delle partite in corso, con possibilità di bloccare pagamenti, ad esempio, nel caso di ritardi nelle consegne, o bloccare le consegne in caso di ritardo dei pagamenti. Si potrebbe obiettare che oggi sia la tracciabilità che gli strumenti di controllo dei rapporti contrattuali sono già realtà esistenti. Vero. Ma è vero anche che la certezza dei dati nel corso della circolazione e la sicurezza nella conservazione non posso essere garantiti come avviene con un sistema di blockchain.

Blockchain e nuovi equilibri commerciali nella moda

Una catena basata su blockchain garantirebbe internamente un efficiente controllo di gestione sull’attività aziendale ed esternamente, nei rapporti giuridici, la sicurezza di poter sempre avere a disposizione un impianto probatorio veritiero e certo da estrarre dalla rete in caso di contenzioso.

Ad esempio nel momento in cui avviene il trasferimento della proprietà dei prodotti nell’ambito di contratti internazionali in base ai quali, a seconda delle previsioni contrattuali e della legge applicabile, il passaggio della proprietà coincide con l’intervenuto consenso delle parti o l’incasso del prezzo da parte del venditore. L’implementazione di blockchain a livello aziendale comporta la necessaria riscrittura dei contratti commerciali che regolano i rapporti fra aziende e fornitori, nonché con i propri distributori.

Oltre ai diversi profili di responsabilità contrattuale che potrebbero sorgere in corso di rapporto: se ben allineati con gli smart contract – che determinano la circolazione dei prodotti sulla blockchain – potrebbero anche essere risolti “in automatico” grazie agli algoritmi che al verificarsi di un determinato evento contrattuale, il cui dato viene registrato sempre sulla blockchain, facciano scattare determinate conseguenze (ad esempio come il blocco dei pagamenti in caso di prodotti che risultano essere viziati e non conformi a campioni concordati fra le parti).

Tracciabilità e reputation del Made in Italy

Inoltre, la tracciabilità di un prodotto vuol dire anche riconducibilità sicura dello stesso ad una produzione interamente made in Italy, in grado di accrescere la reputazione del prodotto e il suo valore sul mercato anche agli occhi del consumatore. Che a sua volta può verificare prima dell’acquisto l’originalità del prodotto e la sua “storia”. L’uso combinato di blockchain ed etichette di identificazione costituisce uno strumento dirompente contro la contraffazione soprattutto di capi che impiegano materiali pregiati o lavorazioni particolari. È già possibile appurare l’autenticità del capo così come il percorso che lo ha portato dalla lavorazione allo scaffale, sia fisico che virtuale solalmente avvicinando l’etichetta munita di QR Code o con microchip. E ancora. Dove cè la geo-localizzata viene di fatto facilitata la prova del territorio dove il marchio viene usato. Con la possibilità di controllare oltre alla validità del marchio e alla sua protezione territoriale anche il rispetto da parte del licenziatario o distributore delle zone di esclusiva dove il prodotto può essere commercializzato.

La Blockchain per potenziare il controllo sui marchi del lusso

Dopo la sentenza Coty che ha ammesso la possibilità ad un produttore di vietare la distribuzione dei propri prodotti su determinati marketplace o piattaforme di e-commerce è emersa la necessità di potenziare il controllo sulle vendite on line dei beni di lusso. Di fatto la blockchain può diventare uno strumento ideale per monitorare gli adempimenti contrattuali delle parti in causa.

La tracciabilità e la verificabilità del processo di lavorazione e delle sue diverse fasi con individuazione dei soggetti coinvolti è oggi di fondamentale importanza per tutte le aziende che intendono – o che sono “costrette” per ragioni regolamentari – seguire i dettami della sostenibilità industriale. Si tratta di un universo di principi relativi alla scelta di materie prime, alla loro lavorazione con un impatto ambientale minimo, ai fornitori che devono attenersi a determinati standard in termini di consumi energetici, forza lavoro impiegata e condizioni a cui lavorara, ai processi di riutilizzo e riciclo dei materiali e dei prodotti. È infatti un dato incontrovertibile che la moda, soprattutto per i marchi importanti e del lusso, debba attenersi a requisiti minimi di corporate social responsability nonché al rispetto di compliance aziendali e di matrice nazionale sempre più stringenti ed eterogenee.

Dalla Legge 231 alla normativa antiriciclaggio e alla sicurezza sul lavoro. Tutte aree soggette a audit periodici costosi e laboriosi realizzati internamente o da consulenti esterni. La tracciabilità della catena di produzione e distribuzione potrebbe di fatto abbattere costi e tempi delle attività di audit grazie ad una reportistica istantaneamente in grado di fornire la fotografia dello stato di compliance, con le eventuali violazioni da prevenire o sanare.

AI, machine learning e proprietà intellettuale

Altro driver che sta trasformando il settore è l’applicazione di sistemi di intelligenza artificiale e machine learning. Dalla fase di realizzazione dei prodotti fino alla vendita on line, con il supporto di sistemi di chatbot e sentiment analysis, veri e propri “commessi virtuali” che assistono il consumatore nella scelta e nell’acquisto dei prodotti. Quanto all’uso della AI nella fase creativa di realizzazione, le dovute contromisure devono essere adottate dai designer al fine di conservare in maniera netta e incontrovertibile la proprietà intellettuale delle creazioni; a tal proposito soluzioni contrattuali possono sicuramente essere di supporto a chiarire la paternità dei disegni così come sistemi di blockchain potrebbero far da archivio dei modelli con una sicurezza e certezza del suo autore e del momento della sua realizzazione.

Tutela del consumatore nelle vendite con machine learning

Tornando alla customer experience, mantra dei brand che vendono soprattutto on line, la personalizzazione degli acquisti ad opera di assistenti virtuali o sistemi simili comporta la necessità di regolare attentamente la responsabilità del produttore per il caso di contestazioni da parte del cliente, addebitabili a questi strumenti digitali.

Ma se l’errato acquisto è dovuto ad una inesatta lettura del machine learning, chi ne risponde? Può il consumatore recedere dalla vendita e restituire il prodotto? Come si protegge il venditore o il produttore di moda? Al momento è in fase di studio – anche a livello comunitario – un nuovo perimetro di responsabilità degli operatori economici per “vizi” addebitabili alle soluzioni informatiche. Nel frattempo non resta che munire con tutte le possibili garanzie del caso a livello contrattuale gli attori della moda che vendono il prodotto al pubblico con l’ausilio di questo tipo di nuove tecnologie.

Al momento la soluzione risiede solamente nel redigere condizioni generali di vendita quanto più tutelanti per il venditore, senza violare i diritti dei consumatori (anche una buona assicurazione può sempre tornare utile). La sfida sarà riuscire a configurare la veste giuridica delle innovazioni, in un momento altamente critico e volatile del mercato, spesso privo di regolamentazione, norme adeguate.

(Di Milena Prisco, Redazione AgendaDigitale.eu)