La manifattura italiana è pronta per la sfida 4.0

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La realtà manifatturiera italiana sta guadagnando un ruolo sempre più importante a livello internazionale grazie a quelle imprese che non hanno rinunciato a innovare anche in tempo di crisi.

La realtà manifatturiera italiana sta guadagnando un ruolo sempre più importante a livello internazionale grazie soprattutto a quelle imprese che non hanno rinunciato a innovare anche in tempo di crisi e che oggi si apprestano a farlo cogliendo il momento favorevole del mercato, grazie anche alle opportunità offerte dal Piano Industria 4.0. Ma perché si affermi un nuovo modello di fabbrica e di catena del valore sempre più connessi fino al cliente finale, oltre alla tecnologia servono cultura e competenze adeguate. Lo hanno sostenuto imprenditori e attori del sistema economico in occasione dello scorso XVI Forum Leonardo e di EY Digital Summit.

Le buone performance delle imprese industriali Italiane in termini di esportazione sono state evidenziate dal presidente dell’Agenzia ICE, Michele Scannavini, in occasione del XVI Forum annuale  del  Comitato Leonardo, svoltosi qualche mese fa a Milano. Nei primi otto mesi del 2017 si è infatti registrata una crescita dell’export dell’8%, con un ruolo trainante di settori ad alta intensità di tecnologia, come l’automotive (+19%), il farmaceutico (+16%) e i macchinari cresciuti anch’essi a doppia cifra. In prima fila mercati come la Cina, la Russia, l’India, dove l’export italiano è cresciuto rispettivamente del 26%, del 22% e del 20%. Questi Paesi stanno trasformando rapidamente il loro modelli industriali: da quelli attuali basati su prodotti a basso valore aggiunto, a prodotti con contenuto tecnologico ed elevato valore aggiunto. Questa evoluzione va vista come una opportunità di penetrazione verso mercati che hanno necessità crescenti di competenze, tecnologie, macchine e prodotti. “Più siamo competitivi sulle tecnologie innovative più chance abbiamo di mantenere un ruolo guida europeo nella manifattura”, sottolinea Scannavini.

“Dobbiamo tornare a credere di essere una grande potenza manifatturiera, non solo grazie al made in Italy, ma anche con il made with Italy”, sottolinea il sottosegretario allo Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto, sempre in occasione del Forum Leonardo, che porta ad esempio il caso dell’India: è un grande produttore di materie prime per l’alimentazione, ma oggi trasforma solo al 5%, mentre potrebbe diventare una Paese trasformatore grazie alla competenze e le macchine italiane.

Nella stessa occasione Sandro Salmoiraghi, Presidente di Federmacchine, ricordando che le aziende che aderiscono a Federmacchine esportano mediamente l’80%, sottolinea: “L’aiuto che arriva con il Piano Industria 4.0 fornisce un’ulteriore spinta per sostenere le aziende e aiutare l’Italia a diventare un Paese ancor più esportatore. È nel nostro Dna la capacità di interpretare i desideri dei nostri clienti e creare la macchina e l’impianto giusti per soddisfarli. Oggi siamo ricompensati per questo sforzo e aiutati a rinnovare un parco macchine che negli ultimi 10 anni è invecchiato”.

Ma la trasformazione oggi richiesta è alla portata della nostra industria? Se lo chiede Alberto Baban, Presidente Piccola Industria di Confindustria: “Il mercato mondiale è sempre più raggiungibile per l’industria italiana grazie alle nuove tecnologie. Ma le nostre fabbriche, in gran parte B2B, sono in grado di sfruttare queste opportunità? Le nostre imprese saranno in grado di entrare nei nuovi business che si aprono, ad esempio nella nuova auto a guida autonoma e arrivare fino al cliente finale?”

Baban suggerisce alle imprese un’evoluzione dall’attuale modello prevalente B2B a quello B2C o, meglio, di allungare la filiera per arrivare sul mercato in una logica B2B2C, arrivando al cliente finale attraverso partner se non ci sono le dimensioni per poterlo fare da soli: “Grazie alla disponibilità dei dati è anche possibile cambiare il flusso e pensare a un modello di business C2B, per poter analizzare il mercato e costruire il prodotto di conseguenza. Serve però abituare le nostre fabbriche a interpretare i dati, per capire cosa vuole davvero il cliente e sfruttare anche i nuovi canali di acquisto”, aggiunge.

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(di Elisabetta Bevilacqua, Redazione ZeroUnoWeb.it)

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